Dopo
aver superato una tremenda crisi, Mario e Roberto sono
finalmente sereni. Si dedicano a figli e nipoti. Mentre per Roby
è naturale, Mario inizia a soffrire la monotonia quotidiana.
Roberto se ne accorge e per non rischiare di perderlo, lo
asseconda quando, gli confida di voler partire.
Viaggiano, visitano il mondo; Asia, Australia, Africa, sempre
con lo spirito avventuriero di Mario, non seguendo i “normali”
itinerari. Scoprono così l’Australia selvaggia, l’Asia segreta e
l’Africa più vera, terminando con l’on the road in America.
Mario gli mostra i luoghi che hanno più significato per lui, per
la sua crescita… finché Roberto non rimane incantato dalla
grande mela. Decidono di stabilirsi a New York per un po’. Un
grande errore!
Mario
crede di essere al sicuro, e dimentica il più importante
insegnamento del compianto amico Brandon: mai abbassare la
guardia, mai dare nulla per scontato!
Infatti viene riconosciuto e coinvolto in un grande intrigo.
La ricerca del Tesoro della mafia!
Un miliardo di dollari che solo una persona sa dove sia
nascosto: DAVON! L’uomo che lo ha costretto a scappare da
quella che considerava la sua nuova vita. Che ha provocato
una serie di avvenimenti che hanno cambiato la sua vita. E
che è costretto, dalla sua bontà d’animo, ad aiutare.
Riuscirà anche questa volta a districarsi, o l’ultima
missione si rivelerà fatale?
Intervista
a Roberto
Da ragazzo, avevo tanti sogni e ideali. Degli obiettivi.
Grazie all’educazione che ho ricevuto dai miei genitori,
persone umili che hanno sempre lavorato e sono state oneste
e altruiste, ho avuto la forza di emergere. Oggi ho tutto
quello che sognavo, ho raggiunto tutti gli obiettivi che mi
ero posto, ma un grande rimpianto, che mi accompagnerà fino
alla fine dei miei giorni, è l’aver fatto soffrire la mia
stupenda famiglia. E non è vero che non è colpa mia. Dovevo
essere più forte, darmi una scossa. Ero in una sorta di buco
nero, dal quale non riuscivo a uscire. Ho sofferto per quel
tradimento, ma non è nulla in confronto alla sofferenza che
provavo nel trascurare i miei cari e che ho provocato loro.
Il culmine l’ho raggiunto quella sera con Nick. Non riesco
ancora oggi a darmi una spiegazione per come mi sono
comportato. Fino ad allora, nonostante tutto, non avevo mai
alzato un dito contro di loro. Forse Nick ha ragione. Quelle
percosse è come se le avessi volute infliggere a me, ma non
ho scuse. Per fortuna a volte i miracoli si compiono. Un
angelo, quella sera, ha cominciato a tirarmi fuori da quel
buco nero che mi stava inghiottendo. Ma non semplicemente
dicendo... ora devi fare così perché è giusto. No. In quel
modo, sarebbe tornato tutto come prima. Mi ha indicato la
strada, mi ha fatto ritrovare l’uscita da solo, mi ha fatto
capire ciò che avevo e stavo facendo, costringendomi a
trarre da me le conclusioni. La sera che pestai mio figlio e
lui intervenne, ero talmente furioso che tentai di assalirlo
più volte, ma lui, nonostante potesse, non mi fece del male.
Respingeva i miei attacchi senza reagire, senza colpirmi per
difendersi. Mi meravigliai al punto da scappare via. Quando
la mia famiglia andò via da casa, mi diedi la prima scossa.
Iniziai a ragionare più lucidamente su Nick, su cosa gli
avevo fatto, anche se ancora non riuscivo a comprenderlo
bene. Altro piccolo passo verso la fine del tunnel, lo feci
quando ci incontrammo per la seconda volta, alla villa in
costiera. Anche allora tentai di colpirlo e lui non reagì.
Mi bloccò ma non mi fece del male. Rimasi colpito dalla
tranquillità che trasmetteva. Mi prese di petto e mi
costrinse, con la sua serenità, ad ascoltarlo. E mi fece
riflettere, ma pensavo… che vuole da noi? Perché
s’intromette? Una grossa mano me l’ha data anche G.D. Due
storie in fotocopia, ma con finale diverso. Il venire a
conoscenza di cosa fosse capitato al figlio e di come si
sentisse responsabile, mi fece quasi pensare a un gesto
estremo. Stetti tanto male per il terrore potesse capitare
anche a mio figlio. Poi c’è stato l’episodio del locale. Mai
e poi mai avrei immaginato di fare una cosa simile e di
comportarmi così male alla fine. Quello mi ha aperto gli
occhi. Io ero stato con un uomo! Come potevo a quel punto,
disprezzare tanto mio figlio? Ma il percorso era ancora
lungo e impervio. Mi ha meravigliato come si fosse
immedesimato in me, riuscendo a capire cosa provassi e a
trovare il modo da farmelo intendere. Mi ha trattato
duramente, il suo modo di fare deciso, lo sbattermi in
faccia la realtà, mi turbava. Sono sempre stato un uomo
sicuro di me, autoritario, deciso, ma di fronte a lui
diventavo una persona insicura, sentivo il bisogno della sua
guida e piano piano non sono riuscito più a fare a meno di
lui. Mi ha insegnato che esternare i propri sentimenti,
anche piangere, non significa mostrarsi deboli, anzi può far
bene. E l’ho fatto soffrire. Immagino, perché l’ho provato,
come potesse essere per lui, avermi di fianco e non potermi
avere. Ha capito immediatamente che io e lui eravamo fatti
l’uno per l’altro, ma non ha approfittato delle mie
debolezze, anzi più volte ha detto che per il bene della mia
famiglia si sarebbe fatto da parte, soffrendo ma per lui
vederci felici era più importante della sua stessa felicità.
Sono stato sempre una persona impulsiva, in questo siamo
simili, che ha seguito sempre l’istinto, ma lui ha la
capacità di essere sempre lucido e capire qual è la cosa
giusta da fare. Quanto l’ho fatto soffrire, fisicamente e
moralmente. Ha rischiato di morire due volte per colpa mia,
ma mai che me lo avesse fatto pesare. Anche quando sono
stato drogato e circuito ha pensato alla mia felicità,
rinunciando alla sua. I suoi occhi tristi, quando lo vidi in
TV che scavava fra le macerie per aiutare gli altri, non li
dimenticherò mai. Quella frase che ti disse prima di
partire... “Io sono morto il 1 luglio”, equivalse a una
pugnalata al cuore. Per fortuna che c’eravate tu e lui. Che
persona eccezionale e che fortuna che ho, abbiamo, avuto a
incontrarla. Grazie amore mio!