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Niccolò (Nick)

Niccolò, vogliamo iniziare da te? Ci racconti un po’ che pensi di tutto ciò che vi è capitato in questi anni? E cosa provavi prima. 


Quando ero con i miei amichetti e li vedevo con i padri, ero un po’ invidioso di loro. Avrei tanto voluto che anche il mio papi fosse lì, mi spiegasse le cose, che parlasse con me, che mi insegnasse ad andare in bici, che mi portasse a giocare al parco. Ma era solo quando ero insieme agli altri che facevo questi pensieri. A mente lucida però ricordavo, seppur vagamente, che lui la sera quando dormivo, entrava nella mia stanza e mi parlava, piangeva, mi accarezzava. Mi diceva che non ce la faceva, doveva lavorare per tenere la mente occupata da cattivi pensieri, per non pensare alla cattiveria delle persone. Mi diceva sempre di fare ciò che il cuore mi consigliava, di non essere invidioso, di cercare di aiutare sempre e comunque gli altri. E mi chiedeva scusa per non essere in grado di fare il papà. Non è certamente colpa sua se sento attrazione per gli uomini. Questa è una cosa innata, ognuno di noi ha delle pulsioni. Io, rispetto a tanti ragazzi ho avuto la fortuna di poter scegliere liberamente come comportarmi nella vita. Agli altri è stato inculcato un certo modo di pensare. Io credo che se tutti avessero avuto un papà come il mio, ci sarebbe tanta gente in più felice di ciò che fa. Quando ho conosciuto Guido, il primo impulso fu di portarlo da lui. Volevo condividere con lui la mia gioia. Poi però rimandavo sempre. Non mi sembrava giusto andare da lui e dirgli di essere felice mentre vedevo che lui era sempre triste. Non ho mai smesso di volergli bene, nemmeno per un istante. E sapevo che anche lui mi voleva un bene dell’anima. Solo che non riusciva a esprimerlo. Anche quando ci ha scoperti quella sera, anche mentre mi colpiva io sapevo che quei pugni, quei calci e come se li stesse dando a se stesso, che non voleva darli a me. Che non mi avrebbe voluto fare del male. Poi è arrivato Mario e tutto è cambiato. Sono contentissimo di come ora è felice il mio Papi e oggi posso dire di condividere qualcosa d’importante con lui, una cosa che pochi figli possono avere in comune con i genitori: amare, senza dare peso ai commenti della gente. Mario per me è un modello da seguire, vorrei tanto essere come lui e farò di tutto per riuscire a rendere lui e i miei cari, orgogliosi di me. Grazie Mario


Pamela (moglie di Roberto)

Pamela, possiamo a tutti gli effetti, considerarti parte lesa - fra virgolette. Cosa provi oggi? 


Quando io e Roberto ci siamo conosciuti, ci siamo innamorati subito. Lui è stato il mio primo vero fidanzato. Era bellissimo, alto, muscoloso, i suoi occhi erano stupendi, il suo sorriso bellissimo e il suo sguardo magnetico. Tutte le ragazze della scuola pendevano dalle sue labbra e avrebbero fatto di tutto per compiacerlo. Ma lui scelse me. Io non avrei mai sperato di potergli piacere e non riuscivo a crederci. Ci fidanzammo dopo due giorni e per due mesi siamo stati inseparabili, poi lui andò a Milano. Io ero al primo anno di Università, lui al terzo, ma aveva avuto una grande opportunità, la Bocconi. Prima di partire mi disse: «Aspettami, sarai mia moglie!» E così fu. I primi anni di matrimonio sono stati fantastici. Eravamo innamoratissimi e non ci lasciavamo mai. Poi all’improvviso è cambiato, per colpa di quello che considerava un secondo padre. Non se lo aspettava e ne è rimasto letteralmente sconvolto, lì è cominciato l’inferno. Mi è dispiaciuto per i figli che non meritavano un simile trattamento. Ho cercato di combattere, di farlo rinsavire, ma non ci sono riuscita e mi ero arresa. Poi è comparso Mario ed è riuscito a fare una serie di miracoli. Ci ha ridato il vero Roberto, il “mio” Roberto e finalmente i miei figli possono conoscere il loro vero padre e ha aiutato ognuno di loro a trovare la felicità. Loro due? È bello vedere come stanno bene quando sono insieme sono felicissima per loro e sono anche un po’ gelosa. Ora Roberto ha trovato un equilibrio ancora maggiore dei primi anni che l’ho conosciuto e prova un sentimento superiore anche al nostro. E Mario… un angelo che il Signore ci ha inviato e che non smetterò mai di ringraziare. Ho subito avuto una bella sensazione su di lui. Quando venne con Guido a casa, alla ricerca di Nick mi colpì la sua calma e risolutezza. Ci sbatté subito in faccia come stavano le cose e ciò che era giusto fare. Mi viene da ridere… quella sera era talmente risentito verso Roberto che se lo avesse avuto fra le mani, chissà che sarebbe successo. Ora, quando vedo come si guardano, come riescono a pensare la stessa cosa solo incrociando lo sguardo e come sono felici, sono felice per loro e per noi. Che bella persona Mario. Non ha esitato un istante ad aiutarci, non si è curato di rischiare la vita per noi, ed era pronto a rinunciare alla sua felicità, pur di vederci felici. Grazie Mario!


Le figlie di Roberto

Elisa, Chiara… voi, da membri di questa bella famiglia, raccontateci ciò che pensate.       


Elisa                                                            

Figlia di Roberto e Pamela


Io, al contrario dei miei fratelli, ho avuto da piccola il meglio di papà. E lo ricordo bene. A me ha insegnato ad andare in bici, mi ha insegnato a nuotare, ad andare a cavallo, a sciare. A rispettare le persone. A non vantarmi della mia condizione economica e aiutare chi ne aveva bisogno. Mi ha fatto tanto male come si è comportato con Fabio, è vero. Non ha creduto fosse quello che è, ma quel periodo per lui, dev’essere stato terribile. Per questo gli sono stata vicina e ho cercato di aiutare la mamma in casa. La gioia più grande è stata quando, grazie a Mario, è tornato la persona buona, forte e decisa che era. Ma io sarò per sempre doppiamente riconoscente a Mario. Se non fosse stato per lui, ora Fabio non ci sarebbe più, e non solo nella mia vita! Per quanto voglia trovare un esempio, l’unico che riesco a immaginare, per molti potrebbe risultare blasfemo, quindi evito. E la gioia che provo, nel vedere così felice il mio papà, è inenarrabile. Grazie Mario! 


Chiara 

Figlia di Roberto e Pamela


Sono felice. E frastornata. È difficile esternare i sentimenti che si accavallano nella mente. Mi mancava il mio Papi, come a tutti, ma anche se non lo esternava, sentivo che ci voleva bene. In fondo non ci faceva mancare nulla, voleva sempre il meglio per noi, se non ci avesse amati, non avrebbe fatto tanto. Purtroppo per lui, la sua bontà ha portato quella persona ad approfittarne e lo ha traumatizzato. Penso che aver conosciuto Mario, sia stato un giusto risarcimento per tutto ciò che ha subito in questi anni, perché è vero che noi non abbiamo avuto molte esternazioni di affetto da parte sua, ma è vero anche che lui per questo non ha goduto della gioia di crescere i suoi figli, insegnarci a diventare persone buone come lui. Credo che la mamma abbia svolto il doppio compito in maniera egregia, ma questa sarà sempre una mancanza nella sua vita. Anche io sono doppiamente grata a Mario. Se non fosse stato per lui, non avrei conosciuto Fabio e mi ha anche resa più decisa e sicura di me.


Roberto (Coprotagonista)

Roberto... tocca a te. 


Da ragazzo, avevo tanti sogni e ideali. Degli obiettivi. Grazie all’educazione che ho ricevuto dai miei genitori, persone umili che hanno sempre lavorato e sono state oneste e altruiste, ho avuto la forza di emergere. Oggi ho tutto quello che sognavo, ho raggiunto tutti gli obiettivi che mi ero posto, ma un grande rimpianto, che mi accompagnerà fino alla fine dei miei giorni, è l’aver fatto soffrire la mia stupenda famiglia. E non è vero che non è colpa mia. Dovevo essere più forte, darmi una scossa. Ero in una sorta di buco nero, dal quale non riuscivo a uscire. Ho sofferto per quel tradimento, ma non è nulla in confronto alla sofferenza che provavo nel trascurare i miei cari e che ho provocato loro. Il culmine l’ho raggiunto quella sera con Nick. Non riesco ancora oggi a darmi una spiegazione per come mi sono comportato. Fino ad allora, nonostante tutto, non avevo mai alzato un dito contro di loro. Forse Nick ha ragione. Quelle percosse è come se le avessi volute infliggere a me, ma non ho scuse. Per fortuna a volte i miracoli si compiono. Un angelo, quella sera, ha cominciato a tirarmi fuori da quel buco nero che mi stava inghiottendo. Ma non semplicemente dicendo... ora devi fare così perché è giusto. No. In quel modo, sarebbe tornato tutto come prima. Mi ha indicato la strada, mi ha fatto ritrovare l’uscita da solo, mi ha fatto capire ciò che avevo e stavo facendo, costringendomi a trarre da me le conclusioni. La sera che pestai mio figlio e lui intervenne, ero talmente furioso che tentai di assalirlo più volte, ma lui, nonostante potesse, non mi fece del male. Respingeva i miei attacchi senza reagire, senza colpirmi per difendersi. Mi meravigliai al punto da scappare via. Quando la mia famiglia andò via da casa, mi diedi la prima scossa. Iniziai a ragionare più lucidamente su Nick, su cosa gli avevo fatto, anche se ancora non riuscivo a comprenderlo bene. Altro piccolo passo verso la fine del tunnel, lo feci quando ci incontrammo per la seconda volta, alla villa in costiera. Anche allora tentai di colpirlo e lui non reagì. Mi bloccò ma non mi fece del male. Rimasi colpito dalla tranquillità che trasmetteva. Mi prese di petto e mi costrinse, con la sua serenità, ad ascoltarlo. E mi fece riflettere, ma pensavo… che vuole da noi? Perché s’intromette? Una grossa mano me l’ha data anche G.D. Due storie in fotocopia, ma con finale diverso. Il venire a conoscenza di cosa fosse capitato al figlio e di come si sentisse responsabile, mi fece quasi pensare a un gesto estremo. Stetti tanto male per il terrore potesse capitare anche a mio figlio. Poi c’è stato l’episodio del locale. Mai e poi mai avrei immaginato di fare una cosa simile e di comportarmi così male alla fine. Quello mi ha aperto gli occhi. Io ero stato con un uomo! Come potevo a quel punto, disprezzare tanto mio figlio? Ma il percorso era ancora lungo e impervio. Mi ha meravigliato come si fosse immedesimato in me, riuscendo a capire cosa provassi e a trovare il modo da farmelo intendere. Mi ha trattato duramente, il suo modo di fare deciso, lo sbattermi in faccia la realtà, mi turbava. Sono sempre stato un uomo sicuro di me, autoritario, deciso, ma di fronte a lui diventavo una persona insicura, sentivo il bisogno della sua guida e piano piano non sono riuscito più a fare a meno di lui. Mi ha insegnato che esternare i propri sentimenti, anche piangere, non significa mostrarsi deboli, anzi può far bene. E l’ho fatto soffrire. Immagino, perché l’ho provato, come potesse essere per lui, avermi di fianco e non potermi avere. Ha capito immediatamente che io e lui eravamo fatti l’uno per l’altro, ma non ha approfittato delle mie debolezze, anzi più volte ha detto che per il bene della mia famiglia si sarebbe fatto da parte, soffrendo ma per lui vederci felici era più importante della sua stessa felicità. Sono stato sempre una persona impulsiva, in questo siamo simili, che ha seguito sempre l’istinto, ma lui ha la capacità di essere sempre lucido e capire qual è la cosa giusta da fare. Quanto l’ho fatto soffrire, fisicamente e moralmente. Ha rischiato di morire due volte per colpa mia, ma mai che me lo avesse fatto pesare. Anche quando sono stato drogato e circuito ha pensato alla mia felicità, rinunciando alla sua. I suoi occhi tristi, quando lo vidi in TV che scavava fra le macerie per aiutare gli altri, non li dimenticherò mai. Quella frase che ti disse prima di partire... “Io sono morto il 1 luglio”, equivalse a una pugnalata al cuore. Per fortuna che c’eravate tu e lui. Che persona eccezionale e che fortuna che ho, abbiamo, avuto a incontrarla. 

Grazie amore mio! 



Mario M (The MAN)

So che non vorresti, ma DEVI... 


Permettimi di cominciare con la frase che mi ha accompagnato per gran parte della mia vita: “Avrò fatto la scelta giusta?” …

Questa volta SÌ! 

Mi considero una persona normale, non merito tanti elogi. Certo, ho un carattere forte, so quello che voglio e spesso lo ottengo, ma sono anche fortunato. Sono dovuto crescere da solo, il rapporto con mio padre non è mai stato facile, anzi non c’era proprio. Eravamo uguali, stesso caratteraccio, quindi in perenne contrasto. Di una cosa sono sicuro, lui ha sempre creduto di fare la cosa giusta per me. E anche se non come pensava, lo ha fatto. Sono cresciuto con dei valori forti, cercando di aiutare chi era stato meno fortunato di me, in fondo la mia fanciullezza è stata spensierata. Crescendo però, vedendo loro che vivevano la loro tranquilla e piatta esistenza, ho iniziato a sognare una vita diversa! Non sempre la solita routine... la mattina al lavoro, il pomeriggio a casa in poltrona, le vacanze sempre nello stesso periodo e nello stesso posto, le visite ai parenti per le ricorrenze... Io volevo qualcosa che mi provocasse continuamente nuove sensazioni, nuove sfide. Il periodo più bello della mia vita infatti, è stato quando ho girato l’America, da solo, in autostop e senza una meta. Inseguendo un qualcosa di indefinito, che non riuscivo a decifrare. Qualunque cosa facessi, ovunque io fossi, dopo un po’ dovevo cambiare. Oggi so di cosa ero in cerca. Sono stato innamorato di tre persone prima di conoscere lui: Jasmine... stavamo bene insieme. Ci divertivamo, dicevano tutti che eravamo una gran bella coppia. Un grandissimo rimpianto averla lasciata andare, ma l’ho fatto per lei, per la sua carriera, per non farle rimpiangere l’aver rinunciato a una grande carriera. Solo dopo ho realizzato che ne ero innamorato, ma non lo era lei di me. Julien. Abbiamo vissuto bellissimi momenti anche se è stato lui ad abbandonarmi in un momento particolarmente drammatico per me. Appena tornati alla civiltà, pochi minuti dopo aver appreso della morte di entrambi i miei genitori. Forse è stato meglio così. Forse se fossimo rimasti insieme, non avrei mai conosciuto mio figlio. Infine Giacomo. Stavamo bene insieme, c’intendevamo al volo. Con lui ho passato due anni stupendi e grazie a lui ho superato definitivamente quel bruttissimo momento. Ma lui era innamorato anche – e soprattutto – della moglie. Non sarebbe stato mai solo mio. In tutti e tre i casi mi sono tirato indietro senza lottare, credendo di fare la cosa migliore per loro. Anche con Roby mi stava capitando, ma questa era la volta buona e qualcosa – o qualcuno – ha voluto diversamente. Chissà, forse era giunto il momento per me di essere finalmente felice. Sì, ho aiutato molte persone, è vero. Ma tanti hanno aiutato me. Ripenso a quelle – poche per fortuna – che non sono riuscito ad sostenere. Un rimpianto su tutti, George Saiden che a causa di una mia leggerezza, dovuta a un momento delicato che stavo vivendo, si suicidò. Lo avevano incastrato, filmandoci a letto insieme. E non resse l’abbandono della moglie che adorava e il conseguente scandalo. Altro rimpianto… Harby. Lì ho sbagliato valutazione. Offuscato dalla gratitudine per avermi dato la possibilità di vivere una vita adrenalinica, gli ho concesso una fiducia che non meritava. Mi sono fatto manipolare e alla fine mi ha ripagato… facendo del male alle persone a cui ero più affezionato. Ripenso a Brandon che consideravo un secondo padre. Come sono stato orgoglioso quando mi confidò che se avesse avuto un figlio maschio, avrebbe voluto fosse come me. Al bel rapporto con Bill Wallace - che prosegue tutt’ora. E un posto speciale lo occupa Kala, la madre del piccolo Mario, per salvarlo ha sacrificato la sua vita. Non posso non pensare a Esterina, compagna di naufragio e seconda madre per me e al figlio Walter che mi ha aiutato nel momento più buio della mia vita, e che non meritava ciò che la sorte gli ha riservato. Ma in generale, da tutti coloro che ho conosciuto, ho cercato di prendere il meglio, e imparare dai loro errori. E poi, la mia nuova famiglia. Quella sera qualcosa mi spinse ad andare in quel posto, e non ho avuto un attimo di esitazione nell’intervenire. Mi colpirono subito quei due ragazzotti impauriti. Colsi subito la loro bontà. Guido, che bravo ragazzo. Nonostante tutto quello che aveva passato era così buono, non ce l’aveva assolutamente con i familiari. Pensai immediatamente che potevo esserci benissimo io al suo posto. E il piccolo Nick. Quando, mentre lo portavo al pronto soccorso mi supplicò piangendo, di non dire che era stato il padre a ridurlo così... non pensava minimamente al dolore che provava, pensava a non mettere nei guai il suo Papi. Ma la cosa che più mi ha stupito di loro, è stato il voler sempre difendere il padre/marito. E non riuscivo a capirne il motivo. Finché non l’ho conosciuto. A parte la sua bellezza, avvertivo in lui una grande bontà d’animo ma un profondo dolore che lo spingeva ad avere atteggiamenti sbagliati. E quando decisi di aiutarlo, lo feci con tutto me stesso, senza secondi fini. Volevo solo riunire quella bella famiglia. Come m’incazzavo quando si ostinava a odiare Guido. Io riuscivo a vederlo per quello che era, lui come la persona che aveva deviato il figlio. Lì capii che amava profondamente Nick. Conoscerli è stata la mia più grande fortuna. Mi hanno dato l’occasione per capire cosa volevo davvero dalla vita. Quel periodo mi sentivo di nuovo insoddisfatto, ero caduto nella routine dalla quale sono sempre scappato e mi hanno offerto la possibilità di giungere alla chiusura del cerchio. Ho finalmente trovato la persona con la quale sono in totale simbiosi. Quando ero in coma, e sentivo la sua disperazione, ho capito che era parte di me. Questo mi ha dato la forza di riprendermi e la certezza che con lui non vivrò mai una vita piatta, perché sono sicuro che lui avrà sempre bisogno di qualcuno che lo tenga a bada... io avrò sempre, con lui, l’opportunità di tirarlo fuori dai guai! Quando ho temuto che non ce la facesse, per un attimo mi è venuto un rimpianto. L’essermi tirato troppe volte indietro, credendo di fare la cosa giusta per gli altri. Jr? Non l’ho dimenticato. È l’amore della mia vita. Ho sempre sognato di diventare padre, ma ne avevo paura. E l’inizio non è stato dei più facili, non potrò mai dimenticare le brutte parole che gli dissi quando litigammo. Quando lo feci nascere sull’isola, provai subito un legame che andava oltre al semplice averlo aiutato a venire al mondo. E credo che anche lui inconsciamente si sentisse legato a me. Ricordo che voleva stare sempre in braccio. O con me o con la mamma. Con me era sempre sorridente… quei ditini che m’infilava negli occhi, nel naso ridendo a crepapelle alle mie facce. Ora capisco perché, i giorni precedenti al ritorno alla civiltà… quel batuffoletto all’improvviso si rifiutava di venire più in braccio, lo sentiva che stavo per abbandonarlo. E quando, subito prima di dirci addio, Kala e Kai si appartarono e discussero a lungo. Sono sicuro che Kala volesse confessarmi che ero il padre. Sono orgogliosissimo di lui e, prendendo a prestito la frase che mi disse Brandon: lui è proprio come avrei voluto crescesse mio figlio. No, non mi sono dimenticato. Tu sarai per sempre il mio eroe. Se quel giorno non mi avessi salvato, ora nessuno di noi sarebbe qui!


Grazie Pierpo...